Ordinazione sacerdotale del giovane Vincenzo Pallotti

a cura di paolo (0 commenti)

Son passati 203 anni dall’ordinazione sacerdotale del nostro amato Fondatore.  Aveva solo 23 anni e già viveva intensamente la sua intima unione con il suo Signore, da mettere, a suo servizio, tutto ciò che era e che possedeva. Fa bene a tutti rileggere alcune sue frasi, tratte dal libro nel suo libro “Dal nulla al Tutto” per comprendere l’emozione e la gratitudine di Vincenzo verso Dio.

Ecco cosa scrive Padre Amoroso, SAC:

Vincenzo alla vigilia della sua ordinazione prega:  “Voi, o mio Dio, che mi avete amato e mi avete attirato a voi, guidatemi in ogni mio pensiero, parola e azione”.

Poi la preghiera assume un largo respiro corale: “Dio mio, sebbene io sia innanzi a voi la stessa indegnità, insieme a tutta la Corte Celeste, al Divin Redentore e a tutte le creature, vi offro il sangue preziosissimo di Gesù Cristo, la sua vita santissima e i suoi meriti infiniti, in sconto dei miei peccati e di quelli di tutto il mondo, per riparare a tutto il male fatto da me e da tutto il mondo, per impedire tutto il male nel futuro, per compensare tutto il bene omesso da me e da tutti, per realizzare, in me e in tutti, la vita perfetta di Gesù Cristo, per vivere la vita dell’amor di Dio”(OO CC X, 136).

Il 16 maggio 1818, in San Giovanni in Laterano, Vincenzo divenne sacerdote. Ci par di vederlo tornare a casa, tutto raccolto in se stesso, cieco e sordo al mondo che lo circonda, chiudersi nella sua camera, cadere in ginocchio e pregare: “Se il baciare con somma riverenza il terreno, sul quale ha camminato un sacerdote, mi fosse concesso, come premio d’infinite opere buone, penso che tali opere mi sarebbero ricompensate in una maniera veramente grande. Che cosa dovrei dire, se mi fosse concesso di baciargli la mano? E che cosa dirò al pensiero che la benignità infinita del nostro più che innamoratissimo Padre Iddio si è degnata, in maniera ammirabile, di elevare me al sublimissimo grado sacerdotale? Oh Dio, io non capisco niente! Silenzio silenzio, umiltà, niente, tutto tutto”(OO CC X, 147-148).

I segni esterni della sua carica interiore, nella celebrazione della messa, erano evidenti, alcuni lo videro fiammeggiare in volto, altri sollevato sulla predella, altri incantato con gli occhi fissi sull’ostia consacrata, altri notarono una speciale dolcezza di voce nella lettura del Vangelo, altri sentirono una particolare umiltà al suo “Signore, io non sono degno”, detto anche quattro volte. E quanto la dignità sacerdotale riempisse la sua anima è dimostrato dal Mese di Maggio per gli ecclesiastici, le cui meditazioni hanno tutto, come tema, la dignità sacerdotale.

E Padre Amoroso, nel libro “Il Poema dell’Amore Infinito” alla pag. 38, scrive.

Direi che, fatto prete, Don Vincenzo si sentì soprattutto sacerdote dell’Amore di Dio. Mi pare di sentirlo dire “Grazie, mi hai amato per primo e mi hai amato troppo. Ti sei fatto come me, sei morto per me, mi hai fatto come te. Sei grande. Mi hai dato cose grandi. Mi hai dato la cosa più grande, perché mi hai dato te stesso. Ti sei fatto mio, tutto mio, e sei contento che ti chiami mio. Mio padre, mio sposo, mio amico, mio tutto, tutto mio. Oh che amore è il tuo! Oh misericordia dolce, sconfinata!”

 

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