Ognissanti, una festa senza fine
a cura di paolo (0 commenti)

I santi e le sante – autentici amici di Dio - ai quali la Chiesa oggi c’invita a volgere lo sguardo, sono uomini e donne che si sono lasciati affascinare da questa proposta, che hanno accettato di percorrere la via delle Beatitudini. Non perché più bravi o brave di noi: semplicemente perché “sapevano” che siamo tutti figli di Dio e ne hanno fatto esperienza. Si sono sentiti “peccatori perdonati”: questi sono i Santi. Hanno imparato a conoscersi, a orientare le loro forze verso Dio, verso sé stessi e verso gli altri, sapendo confidare, nelle loro fragilità, nella divina Misericordia. Oggi ci spronano a puntare in alto, a guardare lontano, alla meta e al premio che ci attende; ci spronano a non rassegnarci di fronte alle fatiche del quotidiano perché la vita non solo ha una fine, ma soprattutto ha un fine, la comunione eterna con Dio. Con questa festa la Chiesa ci indica e ci affianca i santi, amici di Dio e modelli di vita beata, i quali intercedono per noi, incoraggiandoci a vivere con maggiore intensità quest’ultimo miglio dell’anno liturgico, segno-simbolo del cammino della vita.
Le otto vie
Si tratta di seguire la via, anzi, le otto vie, tracciate da Gesù, e indicata/e nel vangelo: le beatitudini. “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli…”: il punto di forza non è tanto sul “beati”, quanto sul “perché”. Non sei “beato” perché “povero”, ma sei beato perché, in quanto povero, sei nella condizione privilegiata di ricevere il regno dei cieli. E così sarà per le altre sette condizioni: “Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati”; “beati i miti, perché avranno in eredità la terra”; “beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati”; “beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia”; “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”; “beati gli operatori di pace, perché saranno figli di Dio”; “beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli”; “beati quando vi insulteranno…rallegratevi, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”. È quel “perché” che spiega tutto, che svela dove i miti troveranno fiducia; dove gli operatori di pace troveranno gioia… ”Beati”, quindi, non inteso come una semplice emozione, purché importante, quanto un augurio a rimettersi in piedi, a non lasciarsi abbattere, a non mollare, ad andare avanti… perché Dio è con te. In te.
Il punto, quindi, è vedere Dio, essere dalla sua parte, essere fatti oggetto delle sue attenzioni. Contemplare Dio non in paradiso, ma già oggi. Ecco le otto vie che siamo invitati a percorrere per poter partecipare anche noi alla gioia indicata dall’Apocalisse, e che tutti possiamo percorrere: “Carissimi, vedete quale amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente…fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato…” (1Gv, seconda lettura). Noi, recita il ritornello del salmo in risposta alla prima lettura, noi siamo “la generazione che cerca il volto del Signore”. E non perché siamo bravi o meno, ma perché Dio stesso lo ha voluto.
E io? In queste “8 Parole” che sono le beatitudini, Gesù mi rivolge un invito: “A te interessa il regno dei cieli? Ti interessa coltivare una misura alta della vita?”. Certo, il mondo va per un’altra strada: c’invita a sentirci felici attraverso una vita adagiata ed economicamente solida, altro che “poveri in spirito”. C’invita a divertirci in ogni modo e con ogni mezzo, altro che “beati coloro che sono nel pianto”. C’invita a farci sentire, a prevalere sugli altri, altro che essere miti. C’invita a saziarci di tutto, senza se e senza ma, altro che saziarci di pace e di giustizia. C’invita a pensare a noi stessi, altro che a essere misericordiosi. C’invita ad andare dove ti porta il cuore soddisfacendo ogni passione, altro che essere puri di cuore. C’invita a difendere i nostri steccati, altro che divenire operatori di pace. C’invita a prevalere e perseguitare altro che a farci insultare!
Le Beatitudini possono veramente apparire assurde, eppure sono le 8 Vie per una vita bella, beata, felice…una vita riuscita. O, se vogliamo, una vita santa. E non si tratta di parole, non si tratta di idee…perché se bene osserviamo, le beatitudini ci presentano la fotografia di Gesù stesso: povero, mite, arrendevole, misericordioso…animato unicamente dalla volontà “di occuparsi delle cose del Padre” (cf Lc 2,41-50).
Il punto di forza non è nel “beati”, ma nel “perché”: la beatitudine, la felicità deriva dall’avere un senso nella propria vita, dal possedere una direzione, una ragione per cui vivere e, anche, per cui vale la pena perdere la vita: “Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?”, “…perché di essi è il regno dei cieli”. La gioia, dunque, la beatitudine non deriva da condizioni esterne, siano essere il benessere, il piacere, il successo… esperienze tutte fragili ed effimere (cf Mt 7,24-28: casa sulla sabbia e sulla roccia), ma dalla felicità promessa da parte di Dio a quanti assumono nel cuore determinati comportamenti e li manifestano nella vita quotidiana
Santi della porta accanto
La solennità di oggi ci mostra quindi che una vita “beata”, “bella”, “riuscita”, “santa” … è possibile. È stata possibile ieri, ed è possibile oggi. Per tutti. Con noi. Noi possiamo diventare quei “santi della porta accanto” di cui ci parla papa Francesco. Cioè uomini e donne riconciliati con noi stessi, con gli altri e con Dio, capaci di far risplendere la luce dell’Amore misericordioso di Dio dentro lo scorrere della vita quotidiana. In famiglia, al lavoro, durante il tempo libero… sapendo vivere “Gesù”, sapendo fidarci delle sue “8 vie”. Con il Battesimo siamo già tutti santi, ma non lo sappiamo! Troppo spesso non ci rendiamo pure conto di questa possibilità che il Battesimo ha messo nelle nostre mani: eppure c’è. Perché così ha voluto Gesù!
Un aneddoto
Durante una visita a una chiesa di Torino, un bimbo della scuola ha chiesto spiegazioni alla maestra riguardo ad alcune vetrate luminose e belle. “Rappresentano dei santi – risponde lei – uomini e donne che hanno vissuto in modo speciale e forte la loro amicizia con Gesù”. Qualche giorno dopo, alla festa dei Santi, il sacerdote chiede ai ragazzi se sanno spiegargli chi erano e cosa avevano fatto le persone che la Chiesa venera come “santi”. Il ragazzino che aveva chiesto spiegazioni sulle vetrate alzò la mano e con voce sicura, dà la risposta: “Sono quelli che fanno passare la Luce”.
Nel giorno dedicato alla solennità di Tutti i Santi, festeggiamo non soltanto i santi conosciuti, ma anche tutti quei santi anonimi che in silenzio, nella vita di ogni giorno, hanno praticato la pienezza del Vangelo. Una festa che ci invita alla speranza. Come per gli angeli, dal numero incalcolabile, così i santi ci fanno pensare a una moltitudine immensa, che nessuno può contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua (cfAp 7, 9).
Chi sono i santi? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 8, 48). I santi non sono eroi, ma persone normali che, nella loro debolezza, imitano Gesù nel dare la vita, per grazia di Dio. È l’amore che ha il potere di trasformare qualunque uomo e lo rende santo. Lo scrittore cattolico francese Ernest Hello, vissuto nel XIX secolo, scrive: «Ci furono Numerosi tra essi che ricevettero una singolare deno-minazione ufficiale: si chiamavano Santi. I Santi. Concedetemi di fermarvi su questa parola: i Santi. Dimenti-cate gli uomini, per ricordare solo l’uomo. Pensate a voi stessi. Guardate nel vostro abisso. Pensate a che cosa deve accadere, perché un uomo sia Santo. Eppure, è accaduto» (Fisionomie di Santi, Fògola, Torino 1977).
Stupefacente armonia
Ernest Hello continua: «Il mondo soprannaturale, come il mondo naturale, contiene l’unità nella varietà e proprio questo è il senso della parola Universo. Gli Eletti [i Santi] variano tra loro per intelligenza, attitudine, vocazione. Hanno doni diversi e grazie diverse. Eppure, un’invisibile somiglianza sta al fondo della grandissima diversità. Portano tutti il medesimo segno: il segno dello stesso Dio. Le loro vite, tutte prodigiosamente differenti tra loro, contengono in diversissime lingue lo stesso insegnamento. Nella loro varietà non sono mai contraddittorie. Sono legate tutte alla Storia, mischiate alle sue innumerevoli complicazioni; eppure, la purezza dell’insegnamento che ci portano è assolutamente intatta… Hanno tutte la stessa fede; cantano tutte il medesimo Credo. Non vi pare stupefacente questa unanimità?».
La chiamata alla santità
Papa Francesco spiega molto bene qual è la via della santità e lo ripete spesso: «…siamo tutti chiamati alla santità. I Santi e le Sante di ogni tempo, che oggi celebriamo tutti insieme, non sono semplicemente dei simboli, degli esseri umani lontani, irraggiungibili. Al contrario, sono persone che hanno vissuto con i piedi per terra; hanno sperimentato la fatica quotidiana dell’esistenza con i suoi successi e i suoi fallimenti, trovando nel Signore la forza di rialzarsi sempre e proseguire il cammino. Da ciò si comprende che la santità è un traguardo che non si può conseguire soltanto con le proprie forze, ma è il frutto della grazia di Dio e della nostra libera risposta a essa. Quindi la santità è dono e chiamata… è una vocazione comune di tutti noi cristiani, dei discepoli di Cristo; è la strada di pienezza che ogni cristiano è chiamato a percorrere nella fede, procedendo verso la meta finale: la comunione definitiva con Dio nella vita eterna. La santità diventa così risposta al dono di Dio, perché si manifesta come assunzione di responsabilità. In questa prospettiva, è importante assumere un quotidiano impegno di santificazione nelle condizioni, nei doveri e nelle circostanze della nostra vita, cercando di vivere ogni cosa con amore, con carità» (Angelus, 1 novembre 2019).
Non solo i santi del calendario
Francesco continua: «Così sono i santi: respirano come tutti l’aria inquinata dal male che c’è nel mondo, ma nel cammino non perdono mai di vista il tracciato di Gesù, quello indicato nelle Beatitudini, che sono come la mappa della vita cristiana. Oggi è la festa di quelli che hanno raggiunto la meta indicata da questa mappa. Non solo i santi del calendario, ma tanti fratelli e sorelle “della porta accanto”, che magari abbiamo incontrato e conosciuto. Oggi è una festa di famiglia, di tante persone semplici e nascoste che in realtà aiutano Dio a mandare avanti il mondo». (Angelus, 1 novembre 2017)
Come si diventa santi?
L’esortazione apostolica Gaudete et exsultate è tutta dedicata alla chiamata alla santità: Papa Francesco cerca «di incarnarla nel contesto attuale, con i suoi rischi, le sue sfide e le sue opportunità. Perché il Signore ha scelto ciascuno di noi per essere santi e immacolati di fronte a Lui nella carità (Ef 1,4)» (GE 2).
Diventare santi è possibile seguendo la grande regola che ci ha lasciato Gesù e ritroviamo nel Vangelo di Matteo. Scrive Papa Francesco: «Se cerchiamo quella santità che è gradita agli occhi di Dio, in questo testo troviamo proprio una regola di comportamento in base alla quale saremo giudicati: Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi (Mt 25, 35-36) … Essere santi non significa, pertanto, lustrarsi gli occhi in una presunta estasi. Diceva san Giovanni Paolo II che “se siamo ripartiti davvero dalla contemplazione di Cristo, dovremo saperlo scorgere soprattutto nel volto di coloro con i quali egli stesso ha voluto identificarsi”. Il testo di Matteo 25, 35-36 “non è un semplice invito alla carità: è una pagina di cristologia, che proietta un fascio di luce sul mistero di Cristo”. In questo richiamo a riconoscerlo nei poveri e nei sofferenti si rivela il cuore stesso di Cristo, i suoi sentimenti e le sue scelte più profonde, alle quali ogni santo cerca di conformarsi» (GE 95-96).
Cielo e terra, duplice dimensione della Chiesa
Benedetto XVI ha osservato: «Questa festa ci fa riflettere sul duplice orizzonte dell’umanità, che esprimiamo simbolicamente con le parole “terra” e “cielo”: la terra rappresenta il cammino storico, il cielo l’eternità, la pienezza della vita in Dio. E così questa festa ci fa pensare alla Chiesa nella sua duplice dimensione: la Chiesa in cammino nel tempo e quella che celebra la festa senza fine, la Gerusalemme celeste. Queste due dimensioni sono unite dalla realtà della “comunione dei santi”: una realtà che comincia quaggiù sulla terra e raggiunge il suo compimento in Cielo» (Angelus, 1 novembre 2012).
Il legame della Festa dei Santi con la Commemorazione dei Defunti
Sembra non essere un caso che la festa di Ognissanti preceda di un giorno quella dei defunti e il motivo viene spiegato dal papa emerito Benedetto: «Per questo è molto significativo e appropriato che dopo la festa di Tutti i Santi la Liturgia ci faccia celebrare domani la Commemorazione di tutti i fedeli defunti. La “comunione dei santi”, che professiamo nel Credo, è una realtà che si costruisce quaggiù, ma che si mani-festerà pienamente quando noi vedremo Dio “così come egli è” (1Gv 3,2). È la realtà di una famiglia legata da profondi vincoli di spirituale solidarietà, che unisce i fedeli defunti a quanti sono pellegrini nel mondo. Un legame misterioso ma reale, alimentato dalla preghiera e dalla partecipazione al sacramento dell’Eucaristia. Nel Corpo mistico di Cristo le anime dei fedeli si incontrano superando la barriera della morte, pregano le une per le altre, realizzano nella carità un intimo scambio di doni» (Angelus 1 novembre 2005).
Già sul finire del II secolo troviamo una vera e propria venerazione dei santi. All’inizio, i santi martiri, ai quali ben presto furono assimilati gli apostoli, testimoni ufficiali della fede. Dopo le grandi persecuzioni dell’Impero romano, diventano gradualmente oggetto di venerazioni uomini e donne che hanno vissuto in modo bello, eroico la vita cristiana: il primo santo non martire fu san Martino di Tours. Verso la fine dell’anno mille, di fronte all’incontrollato sviluppo della venerazione dei santi, e del “commercio” attorno alle reliquie, si elaborò un processo per la canonizzazione, fino ad arrivare alla prova dei miracoli. La solennità di tutti i Santi ha inizio in Oriente, nel IV secolo, per poi diffondersi, pur con date diverse. A Roma, il 13 maggio; in Inghilterra e Irlanda, a partire dall’VIII secolo, il 1° novembre. Data, quest’ultima, che si affermerà anche a Roma a partire dal IX secolo. La solennità cade verso la fine dell’anno liturgico, quando la Chiesa tiene fisso lo sguardo al termine ultimo, e già pensa a quanti hanno varcato le porte del Cielo.
Monsignor Gianpiero Palmieri