IL COLERA: Epidemia al tempo di San Vincenzo Pallotti

a cura di paolo (0 commenti)

Il 1837 rimase memorabile a Roma per il flagello del colera: ci furono quasi seimila morti, e Roma, allora, aveva solo 150.000 abitanti.

Morì anche il padre del Santo, al quale egli aveva miracolosamente ottenuto altri quattro anni di vita e, gli aveva predetto la morte improvvisa; e morì San Gaspare del Bufalo, alla cui morte il Santo assistette e ne vide l’anima salire al cielo, come una fiamma.

I malati non gli davano tregua; per poter rispondere a tutti, mise una cassetta alla porta della rettoria, dove quelli che bussavano, se non c’era nessuno, infilavano il loro indirizzo e, appena tornavano, lui, o un sacerdote della Società, correvano alla chiamata.

Portava cibi e medicine ai malati e li serviva; organizzò anche una distribuzione quotidiana di minestra, per i poveri, nel cortile del palazzo attiguo alla rettoria.

La strage dell’epidemia passò, ma ne restarono le conseguenze: molte ragazze, rimaste orfane, sarebbero state facile preda della miseria e del vizio.

Con l’aiuto di Giacomo Salvati e di altri laici dell’Apostolato Cattolico, aprì la Pia Casa di Carità in Borgo S. Agata, con la quale riuscì a dare alloggio, cibo, vestito, educazione e sistemazione fino a più di cento ragazze, giorno per giorno; fu il trionfo della cooperazione tra clero, religiosi e laici.

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