Nuovi orizzonti per un futuro migliore
a cura di paolo (0 commenti)

San Vincenzo chiamò la fondazione PIA CASA DI CARITÀ proprio perché le ragazze indifese e bisognose dovevano sentirsi come in casa propria, nella loro famiglia, “una casa lontano da casa”.
La PIA CASA DI CARITÀ opera a Velletri da più di 170 anni. Fu concepita da tempo nel desiderio di San Vincenzo Pallotti, che avviò i preparativi necessari, perché venisse realizzata. Il 18 ottobre 1852, dieci suore provenienti dalla PIA CASA DI CARITÀ di Roma fecero ingresso con 20 bambine nella casa in Via Camillo Meda, allora si chiamava via Fiore. San Vincenzo costituì una fondazione nella quale volle che collaborassero insieme laici e religiosi.
San Vincenzo chiamò la fondazione PIA CASA DI CARITÀ proprio perché le ragazze indifese e bisognose dovevano sentirsi come in casa propria, nella loro famiglia, “una casa lontano da casa”.
Infatti, inizialmente, per i ragazzi delle famiglie povere che giravano per le strade di Roma senza fare niente, il Pallotti ha aperto le scuole serali gratuite. Con i suoi collaboratori, egli ha istituito le Pie Case di Carità con l’obiettivo chiaro: “accogliervi le povere ragazze abbandonate e fra le quali da preferirsi quelle, che per le qualità personali, indole, etc. possono essere in maggiori pericoli e per sé, e per gli altri” (OOCC, VII, 434).
In questa famiglia le ragazze dovevano ricevere, da persone competenti, la cura ed un’educazione completa, che li preparasse alla vita. Era questa la manifestazione concreta di un sogno e desiderio di aiutare gli altri e specialmente i più deboli, i bambini, di farsi vicino concretamente ad ogni uomo di qualsiasi razza, condizione, lingua e religione, che abbia bisogno di attenzione, secondo l’insegnamento evangelico.
Per questo, sulle orme del Fondatore, le Suore Pallottine si sono dedicate corpo e anima all’educazione dei bambini e delle bambine di Velletri, diventando esperte nel curare quest’opera tanto cara a Dio e a San Vincenzo Pallotti. Esse sono state guide, madri e maestre di varie generazioni di ragazze e di alunni della Scuola Materna e Elementare.
Così, la PIA CASA DI CARITÀ ha lasciato un’impronta indimenticabile nell’educazione di tanti bambini di Velletri.
Anche se, dal 2013, per vari motivi, la PIA CASA DI CARITÀ di Velletri non funziona più come scuola materna o elementare, ci fa piacere incontrare a Velletri delle persone importanti per esempio sacerdoti, diaconi, e perfino l’attuale Sindaco di Velletri, inpegnati, che ricordano con gioia l’educazione ricevuta nelle mura di quest’opera tanto cara a San Vincenzo Pallotti.
Nel 1890 a seguito dell’emanazione delle legge Crispi la PIA CASA DI CARITÀ fu trasformata in IPAB, ente pubblico di assistenza e beneficenza. Nel 1994 l’ente ottenne il riconoscimento di ente di diritto privato.
Nel corso degli anni la PIA CASA DI CARITÀ ha ospitato centinaia di giovani. Tuttavia, negli ultimi anni, è emersa sempre più chiara la considerazione che i tempi rendevano necessario un ripensamento dell’attività educativa, un aggiornamento del sistema educativo, anche in relazione alle mutate condizioni sociali del territorio.
Oggi sono cambiate le modalità con cui i minori devono essere aiutati: ci si è resi conto che per offrire una valida educazione è necessario ridimensionare il numero degli ospitied offrire un servizio educativo efficace e rispettoso delle singole individualità.
Di qui la volontà di creare spaziidonei, in cui inserire gruppi al massimo di 10 ragazzi, seguiti da un educatore e da figure di alta qualificazione professionale, come esperti di scienze dell’educazione e dei servizi sociali e psicologi.
Inoltre è emersa la convinzione della assoluta necessità di un collegamento con la rete dei servizi del territorio per dare ai ragazzi maggiore opportunità di crescita e di utilizzo delle strutture della comunità cittadina.
L’accoglienza dei minori deve essere oggi posta in una prospettiva temporanea, nella convinzione cheogni bambino ha bisogno di un ambiente familiare favorevole per la sua crescita integrale.
I progetti educativi individuali devono essere perciò orientati al recupero dei rapporti del minore con la famiglia di origine o all’inserimento in un nuovo nucleo familiare, quando risulti assolutamente improponibile, a giudizio dei servizi sociali preposti, la prima ipotesi.
E’ necessario anche dare maggior spazio alla pronta accoglienza, come servizio di primo intervento e di supporto alle famiglie in difficoltà, in collegamento con i servizi sociali.
Dopo un lungo ripensamento dell’esigenze dell’attività educativa e dopo i cospicui lavori di adeguamento delle strutture abitative e degli impianti, a quanto disposto dalla legge regionale 41/2003 e alla delibera della Regione Lazio n.1305/2005, ci si propone ora di offrire ai giovani un ambiente di tipo familiare caldo e ricco di ascolto, dove i ragazzi siano liberi di manifestare le proprie idee ed i propri sentimenti e si mostrino capaci di un contatto aperto con i ragazzi della loro età, che vivono all’esterno del gruppo. I ragazzi frequenteranno le scuole pubbliche e saranno inseriti nelle strutture sportive e sociali del territorio. Si permetterà anche l’inserimento di giovani volontari, disposti a stringere nuove amicizie e ad offrire il loro contributo nell’aiuto del prossimo.
A ben vedere si tratta dell’attualizzazione del messaggio originario del fondatore, perché, sia pure con strumenti nuovi, nessun servizio agli altri può essere costruito senza un profondo sentimento d’amore per l’uomo, per ogni uomo di qualsiasi razza, condizione e religione, nella convinzione che ogni uomo è nostro fratello ed è immagine di Dio creatore.
Sr Rini Mulloor, CSAC