Apostoli Oggi

a cura di paolo (0 commenti)

Rinnova i nostri cuori stanchi e trasforma i nostri orizzonti!

In questa riflessione di Apostoli Oggi per marzo, continuiamo a muoverci all'interno del capitolo 24 del Vangelo secondo Luca, che, per così dire, ci accompagna dall'inizio dell'anno. Nello spirito di questo testo vogliamo anche vivere il IV Congresso Generale dell'Unione dell'Apostolato Cattolico, evento che si sta avvicinando rapidamente. Soffermiamoci così per un momento sulla storia ben nota dei due discepoli in cammino verso il villaggio di Emmaus. Essa, nella sua immensa ricchezza, rivela il percorso di trasformazione dei nostri cuori.

L'inizio di questa pericope mostra i due discepoli rassegnati, stanchi e certamente fortemente delusi che lasciano Gerusalemme con un senso di fallimento. Perché avevano sperato in qualcosa di più. Si aspettavano che la vittoria di Gesù mettesse ordine nella loro esistenza: “... Noi speravamo” (Lc 24,21). Forse avevano sperato in un trionfo per così poter prender parte al Suo Regno; invece, avevano visto la Sua morte ignominiosa e ora avevano sentito della Sua presunta risurrezione, una cosa davvero piuttosto improbabile, per non dire decisamente strana. Tuttavia, questo incontro si sarebbe rivelato molto più importante delle loro paure e la strada che alla fine scelsero di percorrere diventò il loro cammino trasformativo da uomini privi di speranza a portatori di speranza.

La trasformazione dei discepoli inizia con un incontro, con l'essere ascoltati e allo stesso tempo con il loro aprirsi a una prospettiva diversa, che li trasforma e rende capaci di guardare oltre l'orizzonte presente, di andare oltre ciò che finora è sembrato loro giusto. L'incontro con Gesù, infatti, è molto più che una tappa casuale del loro cammino. È un punto di svolta. I due discepoli sono ora chiamati a porre a confronto le loro idee su cosa umanamente significhi per loro la vittoria con ciò che significa per Dio. Grazie alla pazienza di Gesù, che “cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture le cose che lo riguardavano” (Lc 24,27), essi imparano da capo come Dio opera, così che alla fine sono in grado di vederLo e riceverLo nel segno dello spezzare il pane.

Sembra che questo Vangelo, soprattutto nella prospettiva degli ultimi anni, assuma un nuovo significato. Dopotutto “... Noi speravamo” (Lc 24,21) è il grido di tanti di noi in ogni angolo del mondo. Ognuno sperimenta la delusione in fasi diverse della propria vita. Gli ultimi anni lo hanno dimostrato molto chiaramente. Siamo accompagnati da conflitti armati, fame nel mondo, mancanza di empatia, scandali sessuali, compresi quelli che coinvolgono la Chiesa. Sempre più abbiamo comodità e sempre meno abbiamo tempo per gli altri. Non è raro che viviamo insieme come se fossimo separati. Molti di noi potrebbero porsi questa domanda importante: dov'è Colui che doveva regnare? Dov'è la Chiesa, il Suo corpo mistico che dovrebbe renderlo presente qui sulla terra?

Queste domande, pur importanti, non ci aiutano affatto se vissute male; ci privano della speranza e ci portano a un senso di smarrimento. Non è che non dobbiamo fare domande, ma dobbiamo cercare le risposte nel modo giusto, cioè con Lui, Colui che ha vinto definitivamente la morte e a cui spetta l'ultima parola. Siamo pronti per questo?

Guardiamo ancora una volta ai discepoli sulla strada di Emmaus. La loro trasformazione non è stata causata solo dalla tenerezza e dalla pazienza di Gesù, ma anche dalla loro disponibilità ad ascoltarLo: in loro si è accesa una sana curiosità che alla fine ha rinnovato il loro entusiasmo. Così è il cammino di noi cristiani. Siamo un popolo costantemente in cammino, alle prese con difficoltà e delusioni, ma se cerchiamo le risposte nel Risorto, nessuno può privarci della speranza.

“La redenzione ci è offerta nel senso che ci è stata donata la speranza, una speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino” (Spe Salvi, 1). Così dice Papa Benedetto nella sua Enciclica sulla speranza cristiana. Non è forse contenuto in queste parole tutto il segreto della continuità?


Nella prospettiva del Capitolo 24 del Vangelo di Luca, vale la pena guardare anche al Sinodo sulla sinodalità, attualmente in atto nella Chiesa. Per noi, come per i discepoli di Emmaus, è questo il tempo di camminare insieme e, come loro, abbiamo due opzioni: o accontentarci delle nostre idee sul sinodo e della nostra disillusione nei confronti della Chiesa - giustificata in molti luoghi - oppure intraprendere questo meraviglioso cammino a cui siamo invitati da Papa Francesco al fine di discernere e ascoltare insieme, così che la speranza nel Risorto si possa estendere ancor più fino ai confini della terra.

Siamo pronti a correre questo rischio? Siamo aperti gli uni agli altri? Vogliamo davvero vivere il Vangelo piuttosto che continuare a parlarne?
Come Unione dell'Apostolato Cattolico, siamo anche invitati a seguire la via dei discepoli di Emmaus. I loro sentimenti e i loro dubbi sono anche i nostri. In molti momenti della nostra vita comunitaria, come sacerdoti, fratelli, suore, laici, certamente diciamo: “... Noi speravamo” (Lc 24,21), e ci aggiungiamo anche tutta una litania su come immaginiamo debba essere l’Unione.

Molti di noi vivono ancora decantando il passato e immersi in ricordi che, invece di mandarci avanti, impediscono l’ulteriore sviluppo. Possiamo chiaramente vedere le nostre debolezze, le frustrazioni e la mancanza di lavorare insieme, cosa che dovrebbe essere il nostro compito e orgoglio più grande. Tuttavia, rendiamoci disponibili a consegnare tutto questo a Gesù; diamoci il tempo di esprimere tutto questo; anche permettiamo a Lui di abbracciare tutto ciò che umanamente ci sfugge e mostrarci una nuova prospettiva.

Diamogli la possibilità di rinnovare i nostri cuori affaticati e trasformare i nostri orizzonti pallottini, che sono un misto di chiarezza e buio. E anche se ce lo possiamo dimenticare facilmente, vedremo che al fondo di tutto c'è la luce.


Con questo spirito vogliamo vivere il prossimo IV Congresso Generale dell'UAC, che si terrà a Roma dal 25 al 31 luglio all'insegna del motto: ‘Con Cristo nostra speranza, ripartiamo insieme con rinnovata gioia e coraggio’. Durante i 5 giorni che trascorreremo insieme, desideriamo riflettere nuovamente sulla pericope evangelica - tema di questo testo - e sperimentare la trasformazione del cuore che, dopo l'incontro con il Risorto, passa dalla rassegnazione alla speranza.

Le parole del nostro Fondatore ci guidino mentre ci preparariamo a vivere questo tempo insieme:
Vi imploro, quindi, di considerare, alla luce dell'amore di nostro Signore Gesù Cristo Crocifisso, le opere della Pia Unione e di avere questa convinzione che possono essere realizzate perché sono utili e necessarie per l'estensione della gloria di Dio e la santificazione delle anime, così come per venire in aiuto ai nostri fratelli e sorelle nel bisogno, anche se alcuni, prendendo le opere della Pia Unione come suo stesso fine, pensano che siano molto difficili da realizzare. Ricordate, però, che secondo la natura della Pia Unione, queste opere sono solo dei mezzi per raggiungere il fine (San Vincenzo Pallotti).

Ci vediamo a Roma!

 

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