XXX Domenica del Tempo Ordinario
a cura di paolo (0 commenti)

Il grido sempre attuale di Bartimeo(Marco 10, 46-52)
In questo passo del Vangelo c’è un uomo che grida forte, sempre più forte. È Bartimeo, un cieco mendicante seduto sul ciglio della strada. La sua voce urlante chiede pietà a Gesù che sta passando di lì e di cui ha sentito parlare. Nel suo angusto e difficile mondo tutto buio, la notizia venuta da fuori e il sentimento più intimo della speranza si intrecciano insieme e si fanno invocazione rumorosa.
Quel grido, però, disturba la quieta spiritualità dei discepoli, sempre intenti a separare il divino dal dolore del mondo. Secondo la loro prospettiva, il gesto di seguire Gesù, di cercare Dio o di lasciarsi attrarre dallo Spirito non prevede scomode fermate ai cigli delle strade. Per queste anestesie e resistenze, dunque, essi rimproverano Bartimeo e vorrebbero farlo tacere. Fanno da “silenziatori”: come quegli aggeggi che servono per sopprimere il rumore degli spari, essi impediscono la percezione di ciò che accade alle vittime del mondo.
È una scena molto familiare, purtroppo: Bartimeo ha oggi la voce delle donne e degli uomini, delle bambine e dei bambini che gridano dal mare in cui viene spesso inghiottito il futuro, dai luoghi di guerra in cui si può morire per un attimo di sfortuna, dai muri delle case e degli edifici religiosi in cui avvengono abusi fisici, psichici e spirituali, dai posti di lavoro senza sicurezza... A queste persone continuiamo a chiedere di tacere, di non agitarsi, di restare ferme sui cigli delle strade della loro esistenza, per non turbare troppo i nostri contesti. Invece di rimproverarlo «Chiamatelo!» afferma Gesù, puntando l’attenzione su una sequela che non può permettersi di tirare dritto. Ancora prima di incontrare Bartimeo faccia a faccia, dunque, Gesù chiede un gesto di coinvolgimento vero da parte di coloro che camminano con lui e che non hanno alcuna intenzione di fare spazio né alla sua croce né alle croci della storia. Gesù non si limita a fare spazio al grido, ma accoglie la storia dell’uomo che per troppo tempo era stato obbligato alla rassegnazione e gli chiede di esplicitare il suo desiderio: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Come fanno le madri con i pianti delle loro creature, Gesù creale condizioni per trasformare il grido in desiderio articolato, cioè in una parola riconoscibile che possa divenire domanda e urgenza per le comunità.
La vita allora si risveglia esprimendosi con azioni molto esuberanti e piene di eccesso, che non hanno nulla di quello stile composto e rassegnato a cui la richiamavano i “silenziatori”: Bartimeo non posa ma getta via il suo mantello, non si mette ma balza in piedi, non tace ma prima urla e poi osa dire la sua inconfessabile speranza. Dal ciglio di una strada egli è il testimone perfetto perché ha sentito e sperimentato che Dio non passa oltre quando qualcuno grida.
Un cieco ai margini della strada. Chiede l’elemosina, ma soprattutto cerca la luce. Una folla insensibile, che cerca di farlo tacere, per non essere disturbata. Conclusione: il cieco riacquista la vita e la fede. La folla diventa cieca e sorda! E Cristo sa a chi dare retta! Troppe volte noi cristiani, che dovremmo essere specchi che riflettono l’immagine e la luce di Cristo, diventiamo opachi rappresentanti di Dio. Diventiamo come quegli specchi deformanti dei luna-park, che fanno diventare una caricatura quelli che passano davanti.
Invece di trasmettere l’invito ad entrare, controlliamo severamente i documenti, fissiamo regole e orari impossibili. Diceva giustamente padre Ernesto Balducci: «Abbiamo stabilito tutte le segnaletiche per arrivare a Gesù». Non riusciamo a sopportare il grido che disturba. Invece di includere, escludiamo! Certi nostri incontri, certe nostre liturgie sembrano fatte apposta per tenere a distanza coloro che si portano dentro un dramma, una pena... Loro gridano, e noi facciamo finta di non sentire! Burocrati del sacro! Ci scandalizziamo che nazioni innalzino nuovi muri e nuovo filo spinato per respingere clandestini e profughi; mentre noi abbiamo scavato un recinto per impedire di parlare con Dio!
Crediamo di vedere, ma siamo noi i ciechi! Crediamo di credere, ma diamo scandalo e contro testimonianza! Dovremmo mostrare Cristo, invece lo nascondiamo. Dobbiamo ripetere noi l’invocazione del cieco: «Signore, abbi pietà... Fa’ che io veda!». Vedere, significa credere. Ora, se noi diciamo di credere, dobbiamo permettere anche agli altri di vedere, di toccare, di seguire Gesù. E lo possiamo fare solo con una testimonianza coerente e attraente, non re s p i n g e n t e ! La nostra missione è di generare la fede, di farla vivere, di diffonderla. Il programma di vita per un cristiano è questo: presentare al mondo un cristianesimo ammirabile, attraente, simpatico! Un grande impegno! Una grande responsabilità!