Conversione pastorale - Documento di Aparecida

a cura di paolo (0 commenti)

Omelia 15 marzo 2023

Conversione pastorale: da un ministero di manutenzione a un ministero veramente missionario: Documento di Aparecida

Padre Daniel Rocchetti SAC 

Nel 2007 si è svolta la Va Conferenza dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi. L’incontro si è svolto nella città in cui si trova il Santuario Nazionale di Nostra Signora di Aparecida, ad Aparecida do Norte - SP/Brasile. Convocati da Papa Benedetto XVI, presente anche all’apertura di questo evento ecclesiale, i vescovi latinoamericani hanno avuto l’opportunità di riflettere sulla realtà ecclesiale e sociale di quel continente, sotto il seguente focus tematico proposto dall’allora pontefice: “Discepoli e missionari di Gesù Cristo, perché in Lui i nostri popoli abbiano la vita”, ispirato al passo evangelico di Giovanni che narra “Io sono la Via, la Verità e la Vita” (Gv 14,6).

Come le precedenti Conferenze episcopali latinoamericane, anche questo grande incontro si è svolto a lungo e in diversi giorni di lavoro. E come le altre volte, è stato redatto un documento finale: è nato il Documento di Aparecida! Per redigerlo fu eletta una commissione e tra i nominati troviamo il cardinale Jorge Mario Bergoglio, allora cardinale di Buenos Aires / Argentina.

Insieme ai documenti precedenti (Rio de Janeiro, Medellin, Puebla e Santo Domingo), il Documento di Aparecida è diventato un faro per il lavoro pastorale e missionario della Chiesa latinoamericana di oggi. Marcatamente missionario, ha inaugurato frasi e concetti che hanno orientato la vita della Chiesa in quel luogo e poi in tutto il mondo, quando il cardinale Bergoglio è stato eletto Papa!

Sì, molto di ciò che egli porta oggi alla Chiesa cattolica in termini di mondo, si abbevera di quelle intuizione, riflessione e decisione latinoamericana: conversione pastorale, Chiesa in stato permanente di missione, Chiesa in uscita, opzione per i più vulnerabili, cura del creato, fratellanza universale.... e tra questi temi, il più importante: la consapevolezza di che siamo discepoli-missionari, cioè non solo discepoli e missionari... ma discepoli-missionari!

Cioè, è questa la nostra identità più profonda di cristiani... non una ‘e’ - che dà la comprensione di una realtà conseguente all’altra (essere prima discepoli e poi missionari), ma un ‘trattino’ - che ci unisce in una sola identità - cioè, siamo discepoli-missionari allo stesso tempo!

Cito dal Documento di Aparecida, paragrafo 18:

“Conoscere Gesù Cristo per fede è la nostra gioia; seguirLo è una grazia, e trasmettere questo tesoro agli altri è un compito che il Signore ci ha affidato chiamandoci e scegliendoci. Con gli occhi illuminati dalla luce di Cristo risorto, possiamo e vogliamo contemplare il mondo, la storia, i nostri popoli dell'America Latina e dei Caraibi e ciascuno dei loro abitanti”.

Conoscere Gesù Cristo. Seguire Gesù Cristo. Trasmettere Gesù Cristo. È come dire... incontrare (conoscere), “discepolare” (seguire) e “missionare” (trasmettere).

Conoscere/Incontrare Gesù Cristo: Il Documento di Aparecida cita Papa Benedetto XVI, nel suo documento Deus Charitas Est 1: “Non si comincia a essere cristiani con una decisione etica o una grande idea, ma con l’incontro con un evento, una Persona, che dà un nuovo orizzonte alla vita e, con esso, un orientamento decisivo” (DAp, 12).

In altre parole, l’esperienza di fede deve essere alla base della vita cristiana, perché è dall’incontro con il Risorto che si sperimenta un nuovo orizzonte di vita, di senso, di completezza. E se questa è un’esperienza iniziale, deve anche essere continua, quotidiana - anche ora per ora, minuto per minuto: è da Gesù, centrale nella nostra vita, che troviamo la forza di vivere.

Su questo il Pallottici insegna: “Ogni giorno figuratevi che sia il primo e l’ultimo della vita religiosa. Più diffidenza di noi stessi e più abbandono in Dio - più fame e sete di santità e perfezione. Preghiamo per entrare spesso nello spirito degli interessi di Dio” (Lett. 223 a Giacomo, Eremita Camaldulese, 16.6.1831).

Domandiamoci: questo incontro con Gesù è davvero coltivato per me ad ogni momento?

(silenzio)

Discepolato/seguire Gesù Cristo: la conseguenza dell’incontro salvifico con Gesù Cristo richiede una decisione e genera un desiderio di vita, di vita piena. Non di prosperità materiale, ma di senso della vita. “Da chi andremo, Signore, tu solo hai parole di vita eterna?”, disse Pietro a Gesù.

Chi ha incontrato Gesù e ha deciso di seguirlo diventa suo discepolo. Vuole ascoltarLo, vuole seguirLo, vuole entrare nella sfera di Gesù; vuole fare come lui, imitarLo… vuole conformarsi al Maestro (assumere la Sua forma)…

Anche il Pallotti ci insegna: “Ogni cristiano si diletta di dover imitare nostro Signore Gesù Cristo: ma pochi sono quelli che si sforzano costantemente e veramente di imitarLo, perché pochi ci pensano. Tra questi pochi ci sono tutti coloro che appartengono all’Apostolato Cattolico" (OOCC III, 34).  

Chiediamoci: aiutato dalla grazia di Dio come discepolo voglio davvero sforzarmi costantemente di essere come Gesù? 

(silenzio) 

Missione/Trasmissione di Gesù Cristo: il discepolo che cammina al passo con Gesù, nel desiderio di essere identificato con Lui, naturalmente annuncia, trasmette, missiona. Non è un contenuto. È la testimonianza della vita, con la propria vita… È la notizia incarnata in se stesso di Gesù che può salvarci, dando senso e nuovi orizzonti alla nostra propria vita.

La vita del discepolo identificato con Gesù Cristo, da sola, a volte senza parole o discorsi, è il più eloquente annuncio missionario!

Ce lo insegna il nostro Padre Fondatore: “Un’anima che crede in Gesù Cristo, e con umiltà e fiducia si sforza di imitare Gesù Cristo, riesce a far sì che Gesù Cristo distrugga in sé tutte le deformità e i difetti; Gesù Cristo entra in quell’anima, e Gesù Cristo opera in essa, e Gesù Cristo continua la sua vita in quell’anima; vive in essa e le applica il merito delle sue santissime opere” (OOCC III, 37).

Chiediamoci: da buon missionario, cosa penso? penso che per fare la missione devo fare, e fare sempre di più, eccessivamente di più, o piuttosto la missione sia un cammino interiore in cui, come discepolo, la mia vita è ‘distrutta e la vita di Gesù Cristo è mia’, e quindi tutta la mia esistenza è un annuncio, una testimonianza, una missione?

(silenzio)    

Buoni fratelli, Buone sorelle,

in Pallotti, l’Apostolato – che è lo stesso che missione, annuncio– non riguardale cose da fare, tante cose da fare… ma è piuttostoorientato all’essere! E perciò,potrebbe essere proprio questo il nostro contributo ad una conversione da una pastorale di manutenzione ad una pastorale decisamente missionaria.

Anche se si devono compiere dei cambiamenti di piani di pastorali, di istituzioni, a tutti i livelli della chiesa, perché si faccia meglio la missione, questo solo sarà raggiungibile se ci fosse un cambiamento della coscienza battesimale in cui non siamo appena operatori pastorali, ma davvero Discepoli-Missionari di Gesù Cristo!

Finisco citando il paragrafo 548 alla conclusione del Documento di Aparecida:

“Questa Va Conferenza, ricordando il mandato di andare e fare discepoli (cfr. Mt 28,20), desidera risvegliare la Chiesa in America Latina e nei Caraibi a un grande slancio missionario. Non possiamo non approfittare di quest’ora di grazia.

Abbiamo bisogno di una nuova Pentecoste! Dobbiamo andare incontro alle persone, alle famiglie, alle comunità e ai popoli per comunicare e condividere il dono dell’incontro con Cristo che ha riempito la nostra vita di ‘senso’, di verità e di amore, di gioia e di speranza!

Non possiamo rimanere tranquilli in attesa passiva nei nostri templi, ma è urgente andare in tutte le direzioni per annunciare che il male e la morte non hanno l’ultima parola, che l’amore è più forte, che siamo stati liberati e salvati dalla vittoria pasquale del Signore della storia, che ci chiama a raccolta come Chiesa e vuole moltiplicare il numero dei suoi discepoli nella costruzione del suo Regno nel nostro Continente!

Siamo testimoni e missionari: nelle grandi città e nelle campagne, nelle montagne e nelle foreste della nostra America, in ogni ambiente di convivenza sociale, nei più diversi ‘areopaghi’ della vita pubblica delle nazioni, nelle situazioni più estreme dell’esistenza, assumendo ad gentes la nostra preoccupazione per la missione universale della Chiesa”.

Grazie mille!

 

Torna indietro