Festa della Luce

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Papa Francesco, Messa fine Anno vita consacrata: «Siate donne e uomini dell'incontro»

L’Anno della Vita consacrata, «come un fiume, ora confluisce nel mare della misericordia, in questo immenso mistero di amore che stiamo sperimentando con il Giubileo straordinario». Lo ha detto il Papa, che nell’omelia della Messa celebrata nella basilica di San Pietro, al termine dell’anno dedicato ai religiosi e alla religiose, si è soffermato sulle letture del giorno della Festa della Candelora. 

«Oggi davanti al nostro sguardo c’è un fatto semplice, umile e grande: Gesù è portato da Maria e Giuseppe al tempio di Gerusalemme», ha esordito. «È un bambino come tanti, come tutti, ma è unico: è l’Unigenito venuto per tutti». «Questo Bambino ci ha portato la misericordia e la tenerezza di Dio: Gesù è il volto della Misericordia del Padre», ha ribadito Francesco, secondo il quale «è questa l’icona che il Vangelo ci offre al termine dell’Anno della Vita Consacrata, un anno vissuto con tanto entusiasmo».

«Gesù si presenta a noi come la perenne sorpresa di Dio», ha detto il Papa. «In questo Bambino nato per tutti si incontrano il passato, fatto di memoria e di promessa, e il futuro, pieno di speranza», ha proseguito ricordando che «la festa odierna, soprattutto nell’Oriente, viene chiamata festa dell’incontro». «Nel Vangelo che è stato proclamato, vediamo diversi incontri», ha commentato Francesco riferendosi alle letture di oggi: «Nel tempio Gesù viene incontro a noi e noi andiamo incontro a Lui. Contempliamo l’incontro con il vecchio Simeone, che rappresenta l’attesa fedele di Israele e l’esultanza del cuore per il compimento delle antiche promesse. Ammiriamo anche l’incontro con l’anziana profetessa Anna, che, nel vedere il Bambino, esulta di gioia e loda Dio». «Simeone ed Anna sono l’attesa e la profezia, Gesù è la novità e il compimento», ha fatto notare il Papa.

«I consacrati e le consacrate sono chiamati innanzitutto ad essere uomini e donne dell’incontro». È l’invito del Papa, a chiusura dell’Anno della Vita consacrata. «La vocazione – ha ricordato ai religiosi e alle religiose che gremivano oggi la basilica di San Pietro – non prende le mosse da un nostro progetto pensato a tavolino, ma da una grazia del Signore che ci raggiunge, attraverso un incontro che cambia la vita». «Chi incontra davvero Gesù non può rimanere uguale a prima», ha ammonito il Papa: «Egli è la novità che fa nuove tutte le cose. Chi vive questo incontro diventa testimone e rende possibile l’incontro per gli altri; e si fa anche promotore della cultura dell’incontro, evitando l’autoreferenzialità che ci fa rimanere chiusi in noi stessi».

Missione permanente. «Tutte le forme di vita consacrata, ognuna secondo le sue caratteristiche, sono chiamate ad essere in stato permanente di missione, condividendo le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono». Il Papa ha citato l’incipit della Gaudium et spes per ricordare, sulla scorta delle letture, che «Gesù stesso, per farsi incontro a noi, non ha esitato a condividere la nostra condizione umana». «Gesù non ci ha salvati dall’esterno, non è rimasto fuori dal nostro dramma, ma ha voluto condividere la nostra vita», ha spiegato Francesco.  «I consacrati e le consacrate sono chiamati ad essere segno concreto e profetico di questa vicinanza di Dio, di questa condivisione con la condizione di fragilità, di peccato e di ferite dell’uomo del nostro tempo», la consegna del Papa.

Lo stupore di un incontro. «Giuseppe e Maria custodiscono lo stupore per questo incontro pieno di luce e di speranza per tutti i popoli. E anche noi, come cristiani e come persone consacrate, siamo custodi dello stupore». Ne è convinto il Papa, ricordando ai religiose e alle religiose che tale «stupore che chiede di essere sempre rinnovato». «Guai all’abitudine nella vita spirituale, guai a cristallizzare i nostri carismi in una dottrina astratta», il monito di Francesco a chiusura dell’Anno della Vita consacrata. «I carismi dei fondatori – ha ripetuto – non sono da sigillare in bottiglia, non sono pezzi da museo». «I nostri fondatori – ha proseguito – sono stati mossi dallo Spirito e non hanno avuto paura di sporcarsi le mani con la vita quotidiana, con i problemi della gente, percorrendo con coraggio le periferie geografiche ed esistenziali. Non si sono fermati davanti agli ostacoli e alle incomprensioni degli altri, perché hanno mantenuto nel cuore lo stupore per l’incontro con Cristo. Non hanno addomesticato la grazia del Vangelo; hanno avuto sempre nel cuore una sana inquietudine per il Signore, un desiderio struggente di portarlo agli altri, come hanno fatto Maria e Giuseppe nel tempio». «Anche noi siamo chiamati oggi a compiere scelte profetiche e coraggiose», l’esortazione del Papa.

La «bellezza» di religioso felice. «Com’è bello quando incontriamo il volto felice di persone consacrate, magari già avanti negli anni come Simeone o Anna, contente e piene di gratitudine per la propria vocazione», ha esclamato il Papa, al termine dell’omelia. «Questa è una parola che può sintetizzare tutto quello che abbiamo vissuto in questo Anno della vita consacrata – ha proseguito -: gratitudine per il dono dello Spirito Santo, che sempre anima la Chiesa attraverso i diversi carismi». «Possa il Signore Gesù, per la materna intercessione di Maria, crescere in noi, e aumentare in ciascuno il desiderio dell’incontro, la custodia dello stupore e la gioia della gratitudine – l’invito finale -. Allora altri saranno attratti dalla sua luce, e potranno incontrare la misericordia del Padre».



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ANNO DELLA VITA CONSACRATA (30 novembre 2014-2 febbraio 2016)
CHIUSURA DELL’ANNO DELLA VITA CONSACRATA

Per la conclusione dell’Anno della Vita consacrata Francesco richiama (con gesto) all’obbedienza, mettendo in guardia dall’anarchia «figlia del demonio» e dal «terrorismo» delle chiacchiere.

Naturalmente questo riguarda ogni nucleo comunitario, e in ogni ambiente

Papa Francesco ha messo in guardia i cinquemila religiosi e le religiose ricevuti in udienza per la conclusione dell’Anno della Vita consacrata, dal rischio di attaccarsi al denaro, «sterco del diavolo», come reazione al calo delle vocazioni (una «sterilità» che non deve indurre alla tentazione della «disperazione»), raccomandando l’obbedienza, perché l’anarchia è «figlia del demonio», e la «prossimità», a partire da quella con confratelli e consorelle, evitando il «terrorismo» delle chiacchiere nelle comunità religiose.

Bellissimo è stato il gesto di Papa Francesco che ha messo da parte il discorso scritto che aveva preparato («è un po’ noioso leggerlo, preferisco parlare con voi di quello che mi viene al cuore, d’accordo?»), scandendo a braccio il discorso con tre parole-chiave, profezia, prossimità e speranza.  

Quanto alla speranza, ha detto il Papa, «vi confesso che a me costa tanto quando vedo il calo delle vocazioni, quando devo ricevere i vescovi e domando “quanti seminaristi avete?”, “quattro, cinque…”, quando voi nelle vostre comunità religiose, maschili e femminili, un novizio, una novizia, due, la comunità invecchia, invecchia, quando ci sono monasteri grandi portati avanti da quattro o cinque suore vecchiette fino alla fine: questo mi fa venire una tentazione contro la speranza: “Ma Signore cosa succede, perché il ventre della vita consacrata diventa tanto sterile?”. Alcune congregazioni fanno l’esperimento della inseminazione artificiale – ha proseguito il Papa suscitando le risate – cosa fanno? Ricevono (indiscriminatamente, ndr), “vieni, vieni” e poi i problemi che ci sono lì dentro… si deve ricevere con serietà, si deve discernere bene che questa è una vera vocazione a aiutarla a crescere.

E credo che contro la tentazione di disperazione che ti dà questa sterilità dobbiamo pregare di più. E pregare senza stancarci. A me fa tanto bene leggere quel brano della Scrittura dove Anna, la mamma di Samuele, pregava, chiedeva un figlio, io vi domando: il vostro cuore davanti a questo calo delle vocazioni prega con questa intensità? “La nostra congregazione ha bisogno di figli, di figlie”? Il Signore che è stato tanto generoso non mancherà la sua promessa, ma dobbiamo chiedere, dobbiamo bussare alla porta del suo cuore.

Perché c’è un pericolo, è brutto ma devo dirlo, quando una congregazione religiosa vede che non ha figli e nipoti e comincia a essere sempre più piccola si attaccano ai soldi. E voi sapete che i soldi sono lo sterco del diavolo, ma quando non possono avere la grazia di avere vocazioni e figli, pensano che i soldi salveranno la vita e pensano alla vecchiaia, “che non mi manchi questo e quello”, e così non c’è speranza.La speranza è solo nel Signore, i soldi non te la daranno mai, al contrario ti butteranno giù».  

Quanto alla «profezia», il Papa ha concentrato la sua attenzione sul tema della «obbedienza»: serve, ha raccomandato il Papa gesuita, una «obbedienza forte, un’obbedienza, non militare, no, quella è disciplina che è un’altra cosa, ma una obbedienza di donazione del cuore: questo è profezia. “Ma tu non hai voglia di fare una cosa?”, “Sì ma secondo le regole devo fare questo e questo e secondo le disposizioni questo e questo”. E se non vedo chiaro, parlo col superiore e la superiora, ma dopo il dialogo obbedisco. Questa è la profezia, contro il seme della anarchia che semina il diavolo.

“Tu che fai?”, “Quello che mi piace”. L’anarchia della volontà è figlia del demonio, non è figlia di Dio – ha sottolineato il Papa – il figlio di Dio non è stato anarchico, non ha chiamato i suoi a fare una forza di resistenza contro i suoi nemici, anche lui lo ha detto a Pilato: se io fossi un re di questo mondo avrei chiamato i miei soldati per difendermi. No, lui ha obbedito al padre, ha chiesto solo “questo calice no, ma si faccia quello che tu vuoi”, e quando lui vi dice una cosa che forse tante volte non ci piace», ha proseguito il Papa con un gesto della mano lungo il mento,«il mio italiano è tanto volte povero, devo parlare il linguaggio dei sordomuti», ha spiegato, «l’obbedienza si deve ingoiare, ma si fa».  

Quanto alla «prossimità», i religiosi sono «uomini e donne consacrate, ma non per allontanarsi dalla gente e avere tutte le comodità, no, per avvicinare e capire la vita dei cristiani e dei non cristiani, le sofferenze, i problemi, le tante cose che soltanto si capiscono se un uomo o una donna consacrata diviene prossimo, nella prossimità. “Ma padre io sono una suora di clausura, e cosa devo fare?”, ma pensate a Santa Teresa del Bambino Gesù patrona delle missioni, col suo cuore ardente era prossima, nelle lettere che riceveva dai missionari la facevano più prossima alla gente. Diventare consacrati – ha proseguito Francesco – non significa salire uno, due, tre scalini nella società. È vero, tante volte sentiamo i genitori dire, “sa padre io ho una figlia suora, io ho un figlio frate”, e lo dicono con orgoglio, è vero, è una soddisfazione avere i figli consacrati. Ma per i consacrati non è uno status di vita che mi fa guardare gli altri così (dall’alto, ndr): la vita consacrata mi deve portare alla vicinanza con la gente, vicinanza fisica, spirituale, conoscere la gente». E qual è, ha proseguito il Papa, «il primo prossimo di un consacrato o di una consacrata? Il fratello o la sorella della comunità, questo è il vostro primo prossimo.

Una prossimità carina, eh, buona, con amore. Io so che nelle nostre comunità mai si chiacchiera», ha esclamato il Papa con un’ironia che ha suscitato l’applauso dei presenti. «Un modo di allontanarsi dai fratelli e dalle sorelle della comunità è proprio questo, il terrorismo delle chiacchiere. Sentite bene: non le chiacchiere, il terrorismo delle chiacchiere», ha insistito il Papa, «perché chi chiacchiera è un terrorista dentro la propria comunità, perché butta come una bomba la parola contro questo o quello e poi se ne va tranquillo: chi fa questo distrugge come una bomba e lui si allontana. Su questo l’apostolo Santiago diceva che la virtù umana più difficile da avere è quella di dominare la lingua. Se mi viene da dire qualcosa contro un fratello o una sorella, di buttare una bomba di chiacchiera, mordersi la lingua forte», ha detto il Papa tra nuovi applausi. «Se tu butti la bomba della chiacchiere nella tua comunità questo non è prossimità, è fare la guerra, è provocare distanze, provocare anarchismo nella comunità. Se in quest’anno della misericordia ognuno di voi riuscisse a non fare mai il terrorista chiacchierone o chiacchierona, sarebbe un successo di santità grande per la chiesa».  

Il cardinale Joao Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita religiosa e le Società di Vita apostolica, ha aperto l’incontro sottolineando, tra l’altro: «Sappiamo che è ancora grande il numero di coloro che lasciano la vita religiosa, in molti luoghi è accentuato il calo delle vocazioni, altri faticano, ma in quest’Anno santo vediamo rinascere la speranza e la fiducia nel Signore», sottolineando che con l’Anno della Vita consacrata è stato intrapreso un cammino di conversione che ha riguardato anche l’uso del denaro e dei beni.  

Monsignor José RodriguezCarballo, segretario dello stesso Dicastero, ha ringraziato il Papa per l’Anno della Vita consacrata che si conclude oggi (29 novembre 2014 - 2 febbraio 2016). 

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