Benedizione Urbi et Orbi - 25/12/2015

a cura di paolo (0 commenti)

Cari uomini, beh! Non state a sgranare gli occhi. Sono io, e non è proprio il caso di fare tante storie.

Siete cosi abituati a tenermi imprigionato nei vostri schemi e, fra poco, nei vostri presepi, che non vi rendete conto che sono diverso dai vostri schemi, che non sono un bambino di gesso, innocuo, ma sono in carne ed ossa, capace di parlare, o addirittura, come in questo caso, di strillare. Ho deciso di invertire le parti.

Nel Natale del Giubileo siamo “chiamati a scoprire la tenerezza del Padre Celeste”

In occasione della benedizione Urbi et Orbi, papa Francesco prega per la pace nel mondo, per le vittime del terrorismo e dello sfruttamento, per i migranti e rifugiati e per i disoccupati

Un giorno di “misericordia”, “luce” e di “pace”. Un giorno che “disperde le tenebre della paura e dell’angoscia”, in cui diventa “possibile incontrarsi, dialogare, riconciliarsi”.

Con queste parole, papa Francesco ha introdotto il messaggio di Natale in occasione della benedizione Urbi et Orbi, da lui impartita, come da tradizione, dalla Loggia Centrale della Basilica di San Pietro.

“Come i pastori di Betlemme”, anche noi andiamo a vedere il segno del Bambino Gesù, che Dio dona a noi: un avvenimento che “ogni anno si rinnova nella Chiesa”, nonché “in ogni famiglia, in ogni parrocchia, in ogni comunità che accoglie l’amore di Dio incarnato in Gesù Cristo”, ha detto il Santo Padre.

“Insieme ai pastori – ha esortato - prostriamoci davanti all’Agnello, adoriamo la Bontà di Dio fatta carne, e lasciamo che lacrime di pentimento riempiano i nostri occhi e lavino il nostro cuore”.

Dio incarnato in un bambino è l’espressione di quella “Misericordia” che, sola, può “liberare l’umanità da tante forme di male, a volte mostruose, che l’egoismo genera in essa. La grazia di Dio può convertire i cuori e aprire vie di uscita da situazioni umanamente insolubili”.

La nascita di Dio al mondo porta con sé la nascita della “speranza” e della “pace”, cosicché “non c’è più posto per l’odio e per la guerra”.

L’augurio di pace è stato rivolto dal Pontefice, in primo luogo agli “Israeliani e Palestinesi”, perché riprendano “un dialogo diretto e giungere ad un’intesa che permetta ai due Popoli di convivere in armonia, superando un conflitto che li ha lungamente contrapposti, con gravi ripercussioni sull’intera Regione”.

La preghiera di Bergoglio è andata poi alla Siria, perché “l’intesa raggiunta in seno alle Nazioni Unite riesca quanto prima a far tacere il fragore delle armi”, per “rimediare alla gravissima situazione umanitaria della popolazione stremata”.

“È altrettanto urgente – ha aggiunto - che l’accordo sulla Libia trovi il sostegno di tutti, affinché si superino le gravi divisioni e violenze che affliggono il Paese”.

Appelli per la cessazione delle “atrocità” hanno riguardato anche l’Iraq, lo Yemen e l’Africa sub sahariana (Francesco ha menzionato esplicitamente la Repubblica Democratica del Congo, il Burundi e il Sud Sudan), con un pensiero speciale del Papa “a quanti sono stati colpiti da efferate azioni terroristiche, particolarmente dalle recenti stragi avvenute sui cieli d’Egitto, a Beirut, Parigi, Bamako e Tunisi”.

Per l’Ucraina, il Pontefice ha pregato perché “il Natale porti la vera pace” ed “offra sollievo a chi subisce le conseguenze del conflitto e ispiri la volontà di portare a compimento gli accordi presi, per ristabilire la concordia nell’intero Paese”.

“La gioia di questo giorno – ha proseguito - illumini gli sforzi del popolo colombiano perché, animato dalla speranza, continui con impegno a perseguire la desiderata pace”.

La Natività del Signore, inoltre restituisce la “dignità” a tante persone che soffrono “il freddo, la povertà e il rifiuto degli uomini”, come pure “ai bambini soldato, alle donne che subiscono violenza, alle vittime della tratta delle persone e del narcotraffico”.

Il Santo Padre ha pregato anche per i “numerosi migranti e rifugiati” e per “quanti fuggono dalla miseria o dalla guerra, viaggiando in condizioni troppo spesso disumane e non di rado rischiando la vita”.

Non è mancato un riferimento a “quanti non hanno lavoro” e a coloro che ricoprono “responsabilità pubbliche in campo politico ed economico affinché si adoperino per perseguire il bene comune e a tutelare la dignità di ogni vita umana”.

In conclusione, papa Francesco ha ricordato che, in particolare in questo anno giubilare, “siamo chiamati a scoprire la tenerezza che il nostro Padre celeste ha nei confronti di ciascuno di noi”: una preghiera speciale, è stata rivolta ai “carcerati”, perché sperimentino l’“amore misericordioso” di Dio, che “ sana le ferite e vince il male”.

 

Torna indietro